SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La famiglia Bélier oltre gli stereotipi sulla sordità

“La famiglia Bélier” di Éric Lartigau secondo film sul tema della disabilità promosso da Cnvf e Servizio per la pastorale persone con disabilità CEI
10 Luglio 2020

Un piccolo grande film che manda in frantumi molti stereotipi narrativi sulla sordità. Così possiamo definire in breve la commedia francese “La famiglia Bélier” (“La Famille Bélier”, 2014) opera diretta da Éric Lartigau. Il racconto di una famiglia odierna dove tutti i componenti presentano una disabilità uditiva a eccezione dell’adolescente Paula, che costituisce per tutti il collegamento con il mondo, a livello sociale e professionale. Cosa succede quando la ragazza, da comune adolescente, decide di inseguire il sogno nel canto a Parigi e lasciare casa? “La famiglia Bélier” mettendo a tema la disabilità non la racconta in maniera ingombrante oppure secondo i consueti (stanchi) canoni drammatici; servendosi di un umorismo brillante e gentile squaderna un orizzonte di possibilità, il bel racconto di una famiglia in cerca di un nuovo equilibrio con l’ingresso nell’età adulta della figlia maggiore. L’opera è il secondo titolo del ciclo di 8 film proposto dalla Commissione nazionale valutazione film – Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali insieme al Servizio Nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Conferenza Episcopale Italiana.

Le tempeste dell’adolescenza in casa Bélier
Nella Francia contemporanea, nel piccolo comune di Lassay-les-Châteaux nella zona del Mayenne, vivono i Bélier: il padre Rodolphe (François Damiens), la moglie Gigi (Karin Viard), la figlia adolescente Paula (Louane Emera) e il preadolescente Quentin (Luca Gelberg). La famiglia Bélier possiede un’azienda agricola e conduce un’esistenza tranquilla, del tutto ordinaria. In famiglia tutti i componenti hanno una disabilità uditiva, tutti a eccezione di Paula. Questo però non rappresenta un problema, anzi. Le dinamiche relazionali, sociali e lavorative sono ben organizzate; e Paula, in particolare, aiuta i proprio cari negli aspetti pratici, a cominciare dall’attività di vendita dei prodotti agricoli al mercato. Tutto procede dunque serenamente, senza particolari sussulti, fino al momento in cui Paula prende parte al coro della scuola e scopre di avere un talento canoro fuori dal comune. Inizialmente tiene segreta questa passione ai genitori, fin quando non è costretta a dire la verità, a rivelare che vuole partecipare a un’audizione che la potrebbe portare a Parigi. A complicare le cose, inoltre, c’è la decisione del padre Rodolphe di candidarsi alla guida del comune di Lassay-les-Châteaux, credendo di poter contare nella campagna elettorale sull’aiuto di Paula…

I Bélier, una famiglia come tante
In Francia, ma non solo, è stato un caso cinematografico. Al di là di qualche isolata perplessità, la commedia “La famiglia Bélier” (“La Famille Bélier”, 2014) di Éric Lartigau ha riscosso un considerevole successo di pubblico per la sua capacità di raccontare la famiglia e i turbamenti dell’adolescenza, evitando facili stereotipi sulla disabilità.
“La famiglia Bélier” si muove lungo alcune direttrici tematiche chiare e consolidate, ma con un grado di freschezza e originalità tale da rendere il film un piccolo gioiello. Andiamo per ordine. Anzitutto è il racconto del rapporto genitori-figli nelle tempeste dell’adolescenza. Gigi e Rodolphe sono due genitori molto presenti e attenti all’educazione dei proprio figli, anche se il metodo educativo è morbido e libero. Coinvolgono entrambi i ragazzi nell’attività di famiglia, in particolare Paula perché è l’unica di loro a non avere una disabilità uditiva. Gigi e Rodolphe non si appoggiano, però, alla ragazza con un grado di dipendenza, anzi rimarcano la loro piena autonomia; coinvolgono Paula come figlia in quelle che possono essere le ordinarie dinamiche familiari.
Dal canto suo Paula è ormai entrata nella stagione dell’adolescenza, avvertendo tutti i fermenti dell’età come pure le insicurezze; sopraggiungono anche le prime sfumature di sentimento, i primi palpiti del cuore. A complicare il suo mondo è però il canto. Paula scopre di avere una voce, una bellissima voce, intensa e potente. Una casualità che emerge durante le prove del coro scolastico con il prof. Thomasson (Éric Elmosnino). Incredula, inizia a esplorare le sue capacità facendo lezioni private con lo stesso professore, che la invita a prendere parte a una selezione canora per andare a studiare a Parigi. Il rapporto docente-allievo è pertanto un altro elemento in campo nel racconto.
Il tema della disabilità uditiva è il motivo centrale e ricorrente nella narrazione, gestito con grande delicatezza e svuotato dei soliti stereotipi in chiave drammatica. Quasi tutti i componenti della famiglia Bélier sono persone con disabilità, ma non ci vengono presentate come tali. O meglio, lo stile del racconto è lontano dai toni drammatici o pietistici cui non poche volte il cinema o anche la televisione fino alla soglia degli anni Duemila ci hanno abituato. Il registro è quello della commedia, dove si inseriscono elementi da family drama e dinamiche educative.
Da un punto di vista strettamente stilistico, il film non risulta pienamente riuscito, perché attiva in alcuni passaggi dinamiche prevedibili e persino telefonate, giocando anche su una facile emotività. A ben vedere però il guadagno tematico-narrativo è senza dubbio più rilevante, al punto da offuscare le debolezze strutturali del racconto. A dare solidità alla commedia è il lavoro degli attori, tutti molto validi, dai veterani Karin Viard e François Damiens all’esordiente Louane Emera, vincitrice nel 2015 del premio Cesar come rivelazione femminile. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Il punto del Servizio per la pastorale delle persone con disabilità
“Nel film ‘La famiglia Bélier’ – sottolinea suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio CEI per la pastorale delle persone con disabilità – viene offerto uno sguardo sui figli che hanno persone con disabilità uditiva, i cosiddetti CODA – Child of Deaf Adult. Il film è interessante proprio perché mostra alcune delle dinamiche cui vanno incontro i figli di persone sorde o in generale con disabilità. La narrazione adotta la cifra della delicatezza, dell’ironia, mettendo in campo una vasta gamma di emozioni. Nell’opera è presente anche il tema della famiglia, la prospettiva dei genitori, soprattutto il non facile passaggio del distacco. Inoltre, ‘La famiglia Bélier’ mostra anche un’istantanea della società, l’esistenza ancora di pregiudizi verso le famiglie con disabilità. Nel complesso ‘La famiglia Bélier’ è un film che far star bene, che non parla solo di disabilità, bensì della famiglia e della società in cui viviamo”.

vai all'articolo di Massimo Giraldi, Sergio Perugini