di Massimo Giraldi, Sergio Perugini
“Ho amici in Paradiso” (2016) di Fabrizio Maria Cortese sesto film sul tema della disabilità promosso da Cnvf e Servizio per la pastorale persone con disabilità CEI
Una sfida difficile, vinta con umorismo gentile e tenerezza. Il regista italiano Fabrizio Maria Cortese si è confrontato con il tema della disabilità mentale, mettendo anche in racconto la missione e l’esperienza del Centro Don Guanella. Dopo un lungo lavoro di ricerche sul campo e di preparazione, il film è stato realizzato nel 2016 e presentato alla Festa del Cinema di Roma. Parliamo di “Ho amici in Paradiso” sesto titolo del percorso tematico su “cinema e disabilità” proposto dalla Commissione nazionale valutazione film e dal Servizio Nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Conferenza Episcopale Italiana.
In cerca di una nuova occasione
Italia, oggi. Felice Castriota (Fabrizio Ferracane) è un uomo sui cinquant’anni dalla vita irregolare, che incede con sotterfugi quasi sempre nell’illegalità. Dopo un arresto, è costretto a scontare una pena sotto forma di servizi sociali presso il Centro don Guanella di Roma, una struttura di assistenza per persone con disabilità fisica e mentale. Lì, sotto la guida di don Pino (Antonio Catania), Felice inizia a prendere le misure con il nuovo ambiente, provando senza troppo impegno a svolgere i compiti che gli vengono assegnati. Felice non ha empatia, non sa come rivolgersi al prossimo; non riesce in alcun modo a trovare un canale di contatto con i colleghi e le persone ospitate dal Centro Don Guanella. Arriva a meditare persino la fuga. Giorno dopo giorno, però, qualcosa inizia a cambiare, soprattutto grazie all’aiuto che riceve dalla psicologa Giulia (Valentina Cervi) come pure dal compagno di stanza Antonio (Antonio Folletto), un giovane con disabilità pieno di amore per la vita e il teatro.
Riscoprirsi uomo aiutando il prossimo
Un uomo disperso e poi ritrovato. È il percorso compiuto dal protagonista del film “Ho amici in Paradiso”, opera scritta e diretta da Fabrizio Maria Cortese. Felice Castriota conduce un’esistenza senza regole, disilluso e amareggiato; apparentemente si sente solido e capace, in verità nel suo cuore divampa una profonda solitudine, un deragliamento interiore. L’incontro con un sacerdote, don Pino, e la struttura del Don Guanella gli offrono la possibilità di fermarsi, di leggersi dentro e di provare a ripartire con passo diverso. Lì nel Don Guanella, dove vivono persone con disabilità, colui che presenta più difficoltà è proprio Felice: è un uomo dall’evidente “disabilità” affettiva e relazionale; Felice è incapace di amare, ma anche di rispettare il prossimo. Sa condurre un’esistenza unicamente da solitario, all’insegna delle scorciatoie. Felice pensa di essere furbo, scaltro o forte, ma trascorrendo del tempo con gli ospiti del Centro Don Guanella comprendere con chiarezza la sua fragilità, le tante, troppe, bugie che si è raccontato nel corso degli anni. Si è ingannato da solo e alla fine il conto che giunge è salato, e non poco. Nulla però è irreparabile. Grazie all’aiuto di don Pino, della psicologa Giulia, verso la quale dimostra di provare dei sentimenti inaspettati, e soprattutto grazie all’amicizia di Antonio, giovane con una grave disabilità, Felice prova a rimettersi in gioco. All’inizio tutto è complesso, faticoso, all’insegna dell’imprevisto; poi le cose trovano un loro equilibrio. Felice impara ad amare il suo nuovo lavoro, si sente progressivamente rinascere a vita nuova, imparando a non mettere al centro di tutto il proprio “Io” bensì il prossimo. Felice impara a prendersi cura dell’“altro”, a essere presente nel bisogno. Il regista Fabrizio Maria Cortese compone un bel racconto a sfondo sociale giocato sulle note della commedia garbata, un racconto delicato capace di tingersi persino dei toni della favola. “Ho amici in Paradiso” ci presenta la missione e l’impegno del Centro Don Guanella, come pure la condizione di molte persone con disabilità mentale che vivono presso tale struttura. E non è in alcun modo un racconto pietistico, semplificato in chiave drammatica o comico-macchiettistica. Al contrario, il regista è attento a mostrare la persona con disabilità mentale con rispetto e delicatezza, costruendo un tappeto narrativo vivace e spensierato, nel segno della speranza. A ben vedere, è come se il regista ci volesse indicare che nel racconto il verso “disabile”, la persona bisognosa di assistenza, è unicamente il personaggio di Felice. È lui che ha problemi; è lui che è irrisolto nella vita. Quando Felice si rapporta con Antonio o con gli altri ospiti della struttura, vede sì persone con disabilità, ma comunque persone serene, amate e capaci di amare. Persone animate da sogni, desideri e voglia di guadagnare sempre più spazi di autonomia nella società, abbattendo resistenze e pregiudizi. Nella costruzione del racconto è stata senza dubbio determinante la presenza del regista Cortese presso la struttura del Don Guanella, grazie all’allora direttore don Pino Venerito. Un soggiornare presso la struttura per quasi due anni, che ha permesso all’autore di mettere a fuoco con sguardo autentico quello spazio, andando oltre i possibili stereotipi narrativi. Il regista ha vissuto veramente lo spirito e la missione del Don Guanella, che ha poi rimesso in immagini in maniera delicata, simpatica ed edificante. Una bella proposta capace di rivolgersi a tutta la famiglia come pure agli ambienti di formazione. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Il punto del Servizio per la pastorale delle persone con disabilità
“‘Ho amici in Paradiso’ è un’opera che regala un approccio positivo alla vita – indica suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio CEI per la pastorale delle persone con disabilità – Coinvolge persone adulte con disabilità, aiutandoci a cogliere la ricchezza che si ha lavorando con loro, con semplicità e professionalità. Il film tocca poi i colori dell’amore, dell’amicizia e del dialogo. La parte più significativa, più bella, è probabilmente il coinvolgimento autentico delle persone con disabilità, mettendo in campo anche un laboratorio preparatorio per affrontare le riprese, garantendo così un lavoro accurato ma anche rispettoso verso i tempi e i bisogni delle persone con disabilità. Ancora, è importante il modo in cui il regista ha saputo tratteggiare la struttura dove vivono le persone con disabilità, spazi che spesso l’opinione diffusa riduce a tristi o tetri; il film ‘Ho amici in Paradiso’ ci mostra una struttura in tutta la sua normalità e bellezza. Un luogo di vera accoglienza e prossimità”.